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Ravenna incontra Dante – 10 luoghi danteschi a Ravenna
...per dare vita e parole ai luoghi
Pensando ai protagonisti, non solo dei monumenti, ma anche del patrimonio umano e culturale dichiarato dall’Unesco per Ravenna non possono non riecheggiare i nomi di Dante (che qui trascorse gli ultimi anni della sua vita), Petrarca, Boccaccio. Nell' «Enciclopedia Umana» che è la Commedia assistiamo a un viaggio umano e spirituale in cui Dante attraversa volti e sofferenze, luoghi immaginari e non, e in tutto questo mosaico di forme e colori Ravenna trova il suo posto, menzionata direttamente o attraverso sottili connessioni e ispirazioni.
Danzante tra le terzine in rima, Ravenna è viva tra le pagine della Commedia e, in particolare in quella che è ricordata come "Zona del Silenzio", fa danzare per un poco anche il cuore e la memoria dei suoi abitanti.
LE TAPPE DEL NOSTRO VIAGGIO … I 10 LUOGHI DA NON PERDERE
1. LA "ZUCCHERIERA"
E’ con questo termine che noi ravennati, per la sua forma tondeggiante e il suo colore candido, chiamiamo il tempietto neoclassico che dall’Ottocento accoglie i resti di Dante. Costruito tra il 1780 e il 1781 per opera dell’architetto Camillo Morigia, la cosiddetta “zucarira” (indialetto romagnolo) si aprirà davanti a voi in fondo a Via Dante Alighieri, regina indiscussa della ‘Zona del silenzio’.
Sulla parete di fondo dell’interno, tutto rivestito di marmi, si trova l’arca sepolcrale che racchiude le ossa di Dante Alighieri. Al di sopra dell’urna spicca un bassorilievo scolpito nel 1483 da Pietro Lombardi, raffigurante Dante in pensoso raccoglimento. Nel 1519 i frati francescani ne sottrassero le ossa per evitare che i fiorentini le riportassero a Firenze. Gelosamente custodite, queste ossa stettero nascoste nel convento e infine nell’area dell’attiguo giardino, dove furono ritrovate fortuitamente nel 1865. La Tomba di Dante riveste ancora oggi un alto valore simbolico, al punto che il 14 settembre di ogni anno per ricordare la morte del Sommo Poeta la città di Firenze, tramite una delegazione di uomini, consegna in dono olio d’oliva degli Appennini toscani per tenere in vita la lampada votiva situata al centro del monumento funerario. Una luce, un simbolo, ma il cui valore si diffonde ben oltre i confini della nostra città.
2. LA BASILICA DI SAN FRANCESCO
Qui nella basilica di San Francesco, solenne nella sua semplicità, furono celebrati i funerali del Poeta nel 1321. La preziosità di questa chiesa è, ancora oggi, figlia della sua stessa umiltà, come forse tanti luoghi religiosi dovrebbero essere. Perla nascosta è la cripta che troverete al di sotto del presbiterio, dove mosaici dai colori tenui risplendono come resti antichi nel fondo del mare.
3. IL QUADRARCO DI BRACCIOFORTE
4. I CHIOSTRI FRANCESCANI
Sede dell’antico convento dei Frati Francescani, questi due chiostri timidamente si rivelano agli occhi dei passanti in tutto il loro fascino, silenzioso e riservato e, protetti dalle inferiate del cancello, ci ricordano la permanenza del Sommo Poeta nella nostra città. Dopo anni di restauro (conclusosi nel 2010 ad opera della Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna), ora risplendono di luce nuova e al loro interno ospitano il Museo e Centro Dantesco. Allestito per la prima volta nel 1989, è tornato in auge nel 2011 con una nuova Sezione Didattica; accanto, la ricca Biblioteca dantesca custodisce circa 18.600 pezzi tra codici, incunaboli, edizioni a stampa delle opere di Dante e su Dante.
5. I MOSAICI
I mosaici ravennati rappresentano forse il primo elemento della città che, oltre alla già menzionata zona dantesca, ci parla di lui o lo ha ispirato nella composizione della celebre Comedia, arricchendo la sua esperienza umana e spirituale negli ultimi giorni del suo pellegrinaggio terreno.
A detta di molti, infatti, sembra proprio che Dante abbia tratto ispirazione dai mosaici ravennati d’oro e di verde vestiti per descrivere luoghi e personaggi della “Divina Commedia”. L’idea della processione del Paradiso terrestre si riflette nelle file di beati e profeti di S. Apollinare Nuovo:
Ventiquattro seniori, a due a due, coronati venien di fiordaliso
(Pg. XXIX, 83-84)
La visione:
Vennero appresso lor quattro animali, coronati ciascun di verde fronda
(Pg. XXIX, 92-93)
sembra invece essere ispirata dall’immagine dei quattro animali viventi dell’Apocalisse rappresentati accanto alla croce nella cupola del Mausoleo di Galla Placidia e il verso Cesare fui e son Giustinano (Pd. VI, 10) dal mosaico di S. Vitale che rappresenta l’Imperatore bizantino con la sua corte. E ancora, il sacro segno che nel cielo di Marte incastona i martiri caduti combattendo per la fede (cfr. la descrizione in Pd. XIV, 97 -102 ), forse gli fu ispirato dalla grande croce gemmata della basilica di S. Apollinare in Classe e l’idea dei nove cori angelici che egli vede in forma... di candida rosa (Pd. XXXI,1) può rimandare alle stelle d’oro disposte in cerchi concentrici intorno alla croce della cupola del Mausoleo di Galla Placidia. In conclusione è da ricordare il celebre inno alla Vergine (Pd. XXXIII, 1-21) che con ogni probabilità richiama l’antica epigrafe, ora scomparsa, della Madre di Dio presente in S. Maria Maggiore.
6. LA PINETA DI CLASSE
[...] ma con piena letizia l'ore prime,
cantando, ricevieno intra le foglie,
che tenevan bordone a le sue rime,
tal qual di ramo in ramo si
raccoglie
per la pineta in su 'l lito di Chiassi,
quand'Eolo scilocco fuor discioglie.
(Pg. XXVIII)
La selva incantata del Paradiso terrestre che accoglie Dante e Virgilio lungo il cammino rivive con i suoi colori e suoni nella Pineta di Classe, situata a pochi kilometri da Ravenna. L’intenso profumo di fiori e di pini, il canto degli uccelli e l’aria che dolcemente spira tra le fronde ispirarono in questo modo l’immaginazione letteraria del Poeta.
7. LA CASA DI FRANCESCA E I PALAZZI DEI DA POLENTA
Incontriamo Francesca Da Polenta nel girone dei lussuriosi (V Canto dell’Inferno) dove riviviamo il suo celebre dramma d’amore con l’amante Paolo Malatesta. La figura e la biografia di Francesca (figlia di Guido Da Polenta, Signore di Ravenna durante il periodo Rinascimentale, e moglie di Giangiotto Malatesta) fanno da ponte tra la storia della Commedia e la città di Ravenna. La tradizione popolare voleva che essa fosse nata presso Casa Minzoni, ma il palazzo del padre era presso Porta Ursicina (ora Porta Sisi) e soprattutto la casa, attuale sede dell’albergo Il Cappello, è posteriore di circa due secoli. Esso infatti risale al XV all’epoca del dominio della Serenissima su Ravenna (1431 – 1509): la più bella costruzione in stile veneziano della città. Come residenza, invece, viene attribuita a Francesca la casa detta “dei Polentani”, situata in Via Zagarelli alle Mura.
Siede la terra dove nata fui
su la marina dove 'l Po discende
per aver pace co' seguaci sui.
(If. V, 97-99)
I Da Polenta si stabilirono in città tra il XII e il XIII secolo e, sempre nel primo Canto, Dante ne ricorda la nascita:
Ravenna sta come stata è molt’ anni: l’aguglia da Polenta la si cova, sì che Cervia ricuopre co’ suoi vanni.
(If. XXVII, 40-42)
8. CASA TRAVERSARI
Oggi sede del Dipartimento di Archeologia (situata nel cuore del centro storico in Via San Vitale), la casa conserva esternamente la sua configurazione originaria. Quale collegamento con la Commedia? La famiglia Traversari, la più antica di Ravenna, è menzionata con rimpianto dal poeta quando Dante fa parlare il Romagnolo Guido del Duca che, con rammarico, ci dice come le virtù cavalleresche e i comportamenti civili siano scomparsi in Romagna.
Ov'è 'l buon Lizio e Arrigo Mainardi?
Pier Traversaro e Guido di Carpigna?
Oh Romagnuoli tornati in bastardi!
Quando in Bologna un Fabbro si ralligna?
quando in Faenza un Bernardin di Fosco,
verga gentil di picciola gramigna?
Non ti maravigliar s'io piango, Tosco,
quando rimembro con Guido da Prata,
Ugolin d'Azzo che vivette nosco,
Federigo Tignoso e sua brigata,
la casa Traversara e li Anastagi
(e l'una gente e l'altra è diretata),
le donne e ' cavalier, li affanni e li agi
che ne 'nvogliava amore e cortesia
là dove i cuor son fatti sì malvagi.
O Bretinoro, ché non fuggi via,
poi che gita se n'è la tua famiglia
e molta gente per non esser ria?
Ben fa Bagnacaval, che non rifiglia;
e mal fa Castrocaro, e peggio Conio,
che di figliar tai conti più s'impiglia.
Ben faranno i Pagan, da che 'l demonio
lor sen girà; ma non però che puro
già mai rimagna d'essi testimonio.
O Ugolin de' Fantolin, sicuro
è il nome tuo, da che più non s'aspetta
chi far lo possa, tralignando, scuro.
Ma va via, Tosco, omai; ch'or mi diletta
troppo di pianger più che di parlare,
sì m'ha nostra ragion la mente stretta.
(Pg. XIV)
9. SANTA MARIA IN PORTO
Nel Canto XXVI del Paradiso troviamo Pietro Damiano, prima Monaco camaldolese e poi Cardinale, da Dante indicato per la sua dottrina retta e austerità della sua vita. Ravennate di nascita, rivive nei ricordi del poeta attraverso alcuni luoghi della città, quali la Chiesa di Santa Maria in Porto, importante Basilica della città situata in Via di Roma (a pochi passi dal MAR, Museo d’Arte moderna della città). Oltre al monaco camaldolese viene nominato da Dante anche Pietro degli Onesti, detto Peccatore che, di ritorno dalla Terra Santa, si ritirò in S. Maria in Fossula (ora, appunto, S. Maria in Porto). La tradizione racconta che in questa chiesa gli angeli, attraverso il mare, vennero a deporre nelle mani di Pietro il Peccatore l’immagine marmorea della Madonna Greca. La Vergine Orante è attualmente conservata nella basilica.
In quel loco fu’ io Pietro Damiano, e Pietro peccator fu’ ne la casa di Nostra Donna in sul lito adriano.
(Pd. XXI, 121-123)
10. SANTO STEFANO DEGLI ULIVI
Questa chiesa fu sede di un monastero e sappiamo con certezza che vi soggiornò la figlia di Dante, Antonia Alighieri e per tradizione identificata con suor Beatrice (monaca di questo antico monastero). Attualmente la chiesa è sconsacrata, ed è un deposito dei Vigili Urbani della città, in Via Rocca Brancaleone.